Franco Grobberio:
Ho conosciuto Cristina come pittrice parecchio tempo fa, ad una mostra dal titolo "L'immagine nascosta", titolo alquanto ambiguo per una esposizione d'arte.
Dopo quel primo contatto ho continuato a seguirla, incontrandola puntualmente in quel calderone di arte popolare che è la Fiera di Sant'Orso, dove non potendo presentare quadri o similari ha adattato il suo primitivo talento all'artigianato valdostano di tradizione presentando i tradizionali galletti ed i "Tatà " rivisitati in modo del tutto nuovo, in un modo che non avevo mai visto prima. Infatti lei disegna l'oggetto sul pezzo di legno, lo ritaglia, lo dipinge e poi lo applica su vecchi supporti lignei; poi, in Fiera di Sant'Orso siamo diventati buoni amici tra una burla ed un bicchiere di vino, in fondo abbiamo molte cose in comune.
E' passato molto tempo e ho visto una trasformazione delle sue opere, che ora si sono fatte vivaci ed accattivanti e qui, nella Fiera, con queste opere che lei ha battezzato "Bois Collage" ha trovato il consenso che ha cercato con convinzione.
Cristina ora sa qual è la sua strada, quella della creatività e della grazia e non è difficile notare una vera e propria somiglianza di stile tra l'artista, la donna e l'opera; il favore del pubblico che ne consegue è il punto di incontro tra l'Arte che ha sempre sognato e l'artigianato, un mondo concreto con il quale ci si può cimentare, svagare e vivere se attrezzati di sapienza manuale e intelligenza.
Enrico Martinet
Bianco e Nero; Bene e Male; insomma, la vita. Di questi tempi c'è poco da sorridere, e per le risate poi si può rimandare. Cristina Cancellara, ottimista, almeno, nei confronti del suo pubblico, però insiste: niente nero, avanti con i colori. Più vivaci possibili. E che siano gioco. Trasferisce gioia, perfino accostamenti choc, come accostare il rosso al verde. Gioca con i ritagli, con la tavolozza, con i materiali e con la restituzione in forme rotonde e sane di ciò che ben conosciamo, pecore, mucche, galli, asini e muli. Gioca anche con le parole, con le lettere che mette su pannelli e quadri, tutti in rilievo, gioca con i titoli dei suoi lavori. E dopo essersi inventata uno stile, passando perfino per fasi di colori tenui, pure bui, si colloca in un'arte soltanto sua, il Bois-Collage. Non aspetta definizioni o interpretazioni di altri, se le dà . Non si può che sorridere guardando galli impettiti, pecore dagli sguardi interrogativi. E vedere che "vivono" su sfondi di rame o alluminio, contornati da parti di zanzariere, tubi, vecchi chiodi o anelli che spuntano da supporti in legno levigati, ma antichi. C'è fatica, tanto lavoro dietro a quella gioia in rilievo. agli strati di protagonisti delle opere e di tanti materiali, compresi pezzi della tavolozza. Tutto comincia in un atelier sotto la piazza della chiesa di Valtournenche. Magazzino, vecchia stalla ora con le seghe elettriche, un banco da falegname.
Lavora qui?
"Già . Vede queste parti di mangiatoia? Dovrò lavorarle ancora".
Va in cerca di legni antichi.
"Diciamo che sto in ascolto e quando sento che cominciano a ristrutturare una vecchia casa o una stalla mi precipito. Mi piace il legno, il larice poi ha una vita particolare. Prendo tutto ciò che finirebbe nel “fuoco".
Fa da cornice, da supporto.
"Sì, ma dopo parecchie ore di lavoro. Pulisco, levigo, faccio in modo che la venatura del legno risalti il più possibile. E mantengo tutto ciò che il legno ha, dal chiodo al buco, da una spaccatura a un anello piantato".
Legno tormentato su cui mette però soltanto il gioco, la gioia, i colori. Perché?
"Per trasmettere energia positiva. Uso colori esagerati, tinte forti e brillanti per comunicare bellezza e giocosità ".
Ma la vita è anche altro.
"Appunto, l'angoscia la lascio alla realtà . Alla gente piacciono i miei lavori".
E' anche una scelta commerciale?
"No, una scelta che segue l'istinto, ciò che voglio dare a chi guarda i miei pannelli o i miei tatà , giochi rielaborati dalla tradizione".
Che le piace.
"Sì, molto. La Valle d'Aosta ha forti tradizioni, di vita e di arte e artigianato. Ma io ne cerco un'interpretazione, una rivisitazione perché sono convinta ce ne sia bisogno. Bisogna sempre rilanciare, proporre ciò che è radicato nella cultura fornendone un'evoluzione. Ecco perché ho scelto animali cari al territorio valdostano".
Animali simbolo?
"Sì, ognuno ha un significato preciso. Il gallo, che è il mio preferito, è un comunicatore; la pecora mi dà il senso del viaggio e dell'infinito con quei riccioli di lana che s'inseguono senza giungere mai a nulla, come un nodo gordiano; la mucca è serenità , saggezza; l'asino o il mulo sono il lavoro, poi hanno bisogno di riscatto".
Galli gonfi, pecore tonde. Neanche uno spigolo.
"Mai. Lo spigolo corrisponde a un'asperità e il rischio è di delimitare un problema, un guaio. No, il gioco e la gioia sono nella rotondità ".
Persone mai?
"Disegno e coloro gli animali che gli stanno accanto. Un mondo che s'incrocia. E' la dinamica del gioco- esplorazione, dove si può scorgere con facilità l'uomo. Non c'è bisogno di disegnarlo, no?".
Lei distingue le sue opere in quadri, pannelli e... tatà -to. Cosa sono?
"Tatà è il gioco tradizionale valdostano, animali montati su ruote. E "to" sta per tobla, cioè tavola. Giocattoli da tavola, insomma".
Gioca molto con le parole, basta scorrere i titoli delle sue opere, quali GaI-liberi Galliiiiiii o Pec-asi-muc. Poi semina ciò che assembla e dipinge di lettere, perché?
"Perché le lettere formano parole che sono la comunicazione. Simbolo su simbolo nel caso in cui le lettere vadano a vestire un gallo"
Ennio Junior Pedrini
Pittrice di temperamento, Cancellara sa calare in questo gusto del colore della realizzazione complessa, i motivi della sua ispirazione senza sovrapporli intellettualmente al solido mestiere tecnico, raggiungendo in tal modo, spesso, una felice realizzazione che la fa apprezzare non solo dagli scaltriti amandi della pittura ma anche da coloro che nell'opera cercano soprattutto una serenità visiva: doti che come dicevamo all'inizio, in Cristina Cancellara sono di immediata e comunicativa evidenza.